Con il termine «virus influenzali» viene designata una moltitudine di virus caratterizzati da un genoma costituito da sette o otto segmenti di RNA a filamento singolo. Attualmente questi virus sono suddivisi in quattro tipi: influenza A, B, C e D, tutti appartenenti alla famiglia degli Orthomyxoviridae. I virus di tipo B e C sono quasi esclusivamente virus patogeni per l’essere umano, mentre i virus di tipo D, scoperti soltanto di recente, infettano e si moltiplicano principalmente in bovini, ovini e altri mammiferi di grossa taglia.
I virus influenzali di tipo A rappresentano, tra gli Orthomyxoviridae, il genere più diffuso. Gli uccelli selvatici, in particolare quelli acquatici, sono considerati un serbatoio naturale di virus dell’influenza A. Nella maggior parte dei casi, i virus dell’influenza aviaria non provocano sintomi nel loro ospite naturale. Tuttavia, alcuni possono mutare in ceppi virali altamente patogeni e provocare negli uccelli selvatici, ma, in particolare nel pollame da reddito, una malattia dall’esito quasi sempre mortale, nota anche come «peste aviaria classica», un’epizoozia altamente contagiosa soggetta all’obbligo di notifica.
I virus dell’influenza A sono però molto diffusi anche in diverse specie di mammiferi e negli esseri umani. Ogni anno, insieme ai virus influenzali di tipo B, causano ondate stagionali di influenza che possono provocare un decorso grave in particolare nelle persone anziane o affette da altre malattie.
L’emoagglutinina (HA) e la neuraminidasi (NA) sono le proteine di membrana dominanti nell’involucro lipidico dei virus influenzali e sono bersagli importanti della risposta immunitaria dell’ospite. Entrambi gli antigeni sono però soggetti a una costante modifica, la cosiddetta «deriva antigenica» (antigenic drift), indotta da una mutazione di determinate aree che permette al virus di aggirare la risposta immunitaria dell’organismo. HA e NA sono presenti nei virus dell’influenza A come sottotipi diversi, significativamente differenti tra loro sia dal punto di vista sierologico che filogenetico. Tra gli uccelli circolano vari ceppi di influenza A, che rappresentano 17 sottotipi di HA (H1-H16 + H19) e nove sottotipi di NA (N1-N9) in diverse combinazioni. Tra gli esseri umani circolano invece attualmente soltanto i virus influenzali A del sottotipo H1N1 e H3N2. Di conseguenza, gran parte della popolazione non è immunizzata contro altri sottotipi (p. es. H7N9). Finora in natura sono stati individuati soltanto ceppi di influenza aviaria altamente patogeni (HPAI) appartenenti ai sottotipi H5 o H7. L’analisi di determinate sezioni del genoma permette di effettuare una distinzione genetica dei virus dell’influenza aviaria ad alta e bassa patogenicità. Poiché in questo caso la barriera tra le specie è piuttosto elevata, i virus dell’influenza aviaria riescono fortunatamente a moltiplicarsi soltanto in rari casi all’interno del corpo umano. A tal fine devono prima riuscire ad adattarsi al nuovo ospite.
In casi sporadici, i virus dell’influenza aviaria di tipo A riescono a infettare mammiferi, per esempio suini o mustelidi, di per sé già piuttosto ricettivi ai virus dell’influenza aviaria e umana di tipo A anche senza adattamento. Se un ospite viene infettato contemporaneamente da un virus dell’influenza aviaria di tipo A e da uno dell’influenza umana di tipo A, tra i due virus può avvenire uno scambio di segmenti genici. Se interessa i segmenti di RNA che codificano per gli antigeni HA e/o NA, tale scambio può dare origine a virus «sconosciuti» tra gli esseri umani sul piano immunologico. Le pandemie di influenza scoppiate in passato sono quasi tutte riconducibili a questo fenomeno noto come «spostamento antigenico» (antigenic shift).